Nome d'arte di W. Stipetic, regista tedesco. Studia storia, teatro e letteratura all'Università di Monaco ma non porta a termine i corsi per dedicarsi al cinema. Per finanziare i suoi progetti fonda una casa di produzione che però fallisce immediatamente, costringendolo a lavorare in una fabbrica metallurgica per potere sostenere economicamente sé stesso e i suoi interessi artistici. Il suo primo film, Lebenszeichen (Segni di vita, 1968), storia di un soldato tedesco che durante la seconda guerra mondiale impazzisce in un'isola greca e intraprende una lotta con la natura, lascia intravedere le basi di una poetica assolutamente originale, fondata sulla ricerca di immagini «non ancora viste», su una grande sensibilità visiva verso il paesaggio e sulla predilezione per personaggi dolenti e feriti, spesso segnati da una radicale «alterità» nei confronti del quotidiano. I suoi lavori successivi confermano queste premesse, rendendole ancora più estreme e visionarie: Aguirre, furore di Dio (1972), attraverso la storia di un «conquistador» alla ricerca del mitico Eldorado, traccia la parabola della follia di un uomo che non si vuole sottomettere alla natura, mentre L'enigma di Kaspar Hauser (1974, premiato a Cannes) mette in scena in toni fluenti e pessimisti la storia di un trovatello abbandonato in una piazza di Norimberga nel 1824, che viene prima esibito come fenomeno da baraccone, poi adottato da un medico e infine ucciso, forse, proprio dall'uomo che l'aveva liberato. Lavorando spesso in simbiosi con il suo attore-feticcio K. Kinski, H. vive ogni film come una sfida estrema: trascina le sue troupe in luoghi impervi e selvaggi nell'intento di intrappolare l'essenza stessa della natura e arriva a ipnotizzare gli attori – come accade in Cuore di vetro (1976) – per rendere più realistiche e credibili le scene di sonnambulismo. Fra i suoi lavori successivi: La ballata di Stroszek (1977), storia della degradazione di un uomo diviso fra la cultura originaria tedesca e la società statunitense in cui è stato trapiantato, Nosferatu, il principe della notte (1979), remake del capolavoro di F.W. Murnau, Woyzeck (1978) austera e problematica trasposizione dell'omonimo dramma di Büchner e Fitzcarraldo (1982), affascinante racconto sulla forza di volontà di un uomo che per cercare di portare l'opera lirica nel cuore dell'Amazzonia arriva a far trascinare un battello in cima a una montagna, in un progetto in cui la storia del film si interseca con la storia della sua realizzazione svelando un'altra delle ossessioni ricorrenti del regista (l'avvincente taccuino della lavorazione di Fitzcarraldo è pubblicato con il titolo La conquista dell'inutile, 2007). Negli anni '80 e '90, alternando l'attività di documentarista a quella di regista di cinema, H. porta le sue troupe fra gli indiani Miskitos del Nicaragua (Ballade vom Kleinen Soldaten, La ballata del soldatino, 1984), tra gli aborigeni australiani (Dove sognano le formiche verdi, 1985) o fra le rocce del Cerro Torre in Patagonia (Grido di pietra, 1991). Sempre inseguendo l'idea di un cinema «folle» ma libero, ultimo erede della grande tradizione del romanticismo tedesco. Nel 1978 pubblica Sentieri nel ghiaccio: diario di un viaggio a piedi compiuto da Monaco a Parigi per andare a trovare l'amica Lotte Eisner molto malata, un testo fondamentale per la comprensione del suo cinema unitamente al documentario Kinski - Il mio nemico più caro (1999), in cui – omaggiando la memoria del suo attore prediletto, da poco scomparso – ribadisce la sua idea di un cinema inteso come titanica impresa di un artista ossessionato dal sogno impossibile di domare la realtà. Viaggiatore impenitente, negli anni più recenti continua a misurarsi con il documentario, con la medesima forza visionaria dei suoi film di finzione, nel costante tentativo di inglobare la maestosità o la brutalità del reale, anche a costo di soccombervi, come in Il diamante bianco (2005), in cui H. viaggia su un dirigibile sopra le cascate del Kaieteur in Guyana, o in Encounters At the End of the World (Incontri alla fine del mondo, 2007), realizzato in Antartide, e soprattutto nelle forme ibride di L'ignoto spazio profondo (2005), racconto fantascientifico di una Terra ormai inospitale, e in Grizzly Man (2005), dove ricostruisce la vita e l'inevitabile morte di Timothy Treadwell, studioso e folle appassionato di grizzly, sovrapponendo sapientemente allo sguardo dei filmati amatoriali dello stesso Treadwell le immagini originali girate in Alaska e le testimonianze di amici e parenti.
Nel 2023 esce per Feltrinelli, Ognuno per sé e Dio contro tutti.